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Imprese italiane che battono la crisi

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di Iolanda Barera

Quarant’anni fa la Manfrotto da Bassano del Grappa metteva in commercio i suoi primi treppiedi. Oggi è una delle “venete” che assumono. Ha più di 400 dipendenti in Italia (20 da poco assunti) e 200 all’estero. Crea, produce e distribuisce in tutto il mondo accessori per fotografia e video . E fa parlare di sé per un’innovazione da poco lanciata per i suoi dipendenti.

Ha già un soprannome: il “modello Manfrotto”. Ed è un sistema di valutazione delle performance (già di per sé un salto culturale per una media impresa) non imposto dall’alto e gestito unilateralmente dall’azienda (come di solito succede), ma introdotto d’intesa con il sindacato e costruito con il supporto scientifico dell’Università di Pisa.

Geico è un’azienda di Cinisello Balsamo che produce impianti per la verniciatura nell’automotive. Tra il 2008 e il 2010 ha subito una grossa botta: annullamenti di contratti e mancato rispetto delle commesse per 120 milioni di euro, con relative dolorose conseguenze. Ma la reazione non è stata ridurre gli investimenti.

Anzi, ha puntato su innovativi sistemi ecocompatibili. Ed è finita che nel 2011 il capo d’azienda ha deciso di restituire ai dipendenti il denaro che avevano perso tra solidarietà e cassa integrazione, che i suoi nuovi impianti sono stati adottati dalle più grandi case automobilistiche e i dipendenti sono saliti a 200, compresi i 78 di Cina, Brasile e Russia.

Mentre Ima, azienda bolognese del packaging che vanta una percentuale di assunti a tempo indeterminato del 96,1%, prima ha acquisito (nel 2014) cinque imprese tedesche che avevano delocalizzato la filiera nell’Est Europa, ora (nei prossimi tre anni) intende portare l’attività in Emilia. Se il tutto si realizzasse, significherebbe dare la possibilità di lavoro a 150-200 persone nell’indotto.

Oppure, di nuovo in Veneto, Keyline, azienda di famiglia dall’alta concentrazione di know how (su 100 dipendenti 12 sono ingegneri, progettisti o programmatori) e dalla gestione particolare (marito e moglie si alternano alla guida ogni tre anni). Per battere la crisi ha puntato sulla diversificazione, nel 2002 aveva a catalogo 500 modelli di chiavi mentre oggi ha oltre 7000 prodotti, e in pochi anni si è trasformata in azienda globale. Così ha chiuso il 2014 con un fatturato (in crescita) di 19 milioni di euro.

Sono la nuova generazione di aziende leader italiane, ritratte da Salvatore Garbellano, docente a contratto di modelli organizzativi e Hrm al Politecnico di Torino, nel suo nuovo libro “Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi” (FrancoAngeli) che arriverà in edicola a fine giugno.

“Sono imprese che non si sono fermate, ma hanno deciso di accelerare i processi, hanno fatto grandi spese, hanno internazionalizzato, innovato, diversificato senza snaturarsi” spiega Garbellano, che ne ha scovate e raccontate 100, che operano in settori merceologici diversi e appartengono ad ambiti regionali differenti, e ne ha tracciato le caratteristiche comuni, con un occhio attento anche alla gestione delle persone.

 twitter@iolandabarera


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